lunedì 31 marzo 2008

Rave party e i fiumi di droga spaventano.



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Scusate, ma sono storie già viste e pure i finali sono già scritti: una minoranza di questi ragazzi si perderà, mentre la maggioranza continuerà con qualche mal di testa, a lavorare a studiare, si diplomerà, si laureerà e si rifarà una vita.
Ricorderà spesso con vergogna, qualche volta con nostalgia, quel periodo turbolento della sua esistenza, ma non rifarebbe più certe esperienze, che invece toccheranno ai figli, forse.
Dai giovani ribelli spesso escono maturi conservatori, invece tra i "perduti" qualcuno entrerà in comunità e ritornerà con un mestiere e una nuova vita, altri non ce la faranno e moriranno prima dei 40 anni, dopo lunghe tribolazioni.
Pure le polemiche sono antiquate: ci sono gli amici dei giovani, quelli che li capiscono, magari per un voto in più.
Gli amici dei genitori invece parlano con determinazione e coraggio, ma non faranno molto contro il ribellismo di questi adolescenti mai diventati adulti.
Pure io ebbi dei compagni di giochi che entrarono in giri brutti, prima come ribelli, poi come morti viventi della tossicodipendenza, in fine come morti e sepolti.
Perché uno dice no alla droga?
Perché le esperienze dei giovani sono diverse e qualcuno evita certi abusi?
I ragazzi che si salvarono allora avevano un ideale, magari sbagliato, ma lo avevano.
Credevano in qualcosa, in Dio, o altro.
Arduino Rossi