mercoledì 15 ottobre 2008

I paletti del bullismo e le incertezze educative.

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I paletti del bullismo e le incertezze educative.
Il problema è però complesso e non così semplice come appare a una prima osservazione.
I bulli, secondo il mio parere, si dividono in due categorie: i primi sono i figli di mamma e di papà tolleranti anzi permissivi, che hanno fatto credere al “monellaccio” di essere il padrone del mondo e a cui tutto è permesso.
Il secondo gruppo di “predatori giovanili” sono formati da ragazzi mal inseriti, ma di carattere forte, quindi dei potenziali delinquenti, dei ribelli a tutto e a tutti, in pratica degli emarginati.
Questi poveretti fanno soffrire qualche ragazzo o ragazza, meritano una sana “rieducazione” e anche un reinserimento nella società, con metodi buoni o duri che siano, ma devono essere indirizzati verso prospettive positive.
Il gruppo dei ragazzoni viziati invece è il più numeroso: sono quelli che hanno avuto tutto, che non conoscono il no e quindi “possono” trattare il compagno di banco come fosse un pupazzo su cui sfogarsi.
Questo gruppo però non è tanto figlio del disagio sociale, ma sono figli nostri, delle nostre ambizioni, delle nostre competizioni e della nostra sete di denaro, di status symbol.
Sono il prodotto di tanti non valori o di scemenze che escono dalla televisione, dai discorsi dei papà in carriera, dalla cultura trionfante in questi anni.
Cosa fanno i nostri bulli?
Applicano senza troppe remore ciò che vedono, sentono, percepiscono.
A questo punto il voto in condotta è sufficiente, è utile?
Temo che servirà a poco, forse faciliterà l’esclusione di molti disadattati e null’altro.
Arduino Rossi
Le analisi che vedono un odio generalizzato degli italiani verso gli stranieri, che cercano di soffiare sul fuoco per ravvivare situazioni di contrasto, portandoli verso forzature ideologiche, come al solito provocheranno altri problemi, anche gravi.
Non si può legare al razzismo qualsiasi episodio di criminalità tra italiani: forse ci sono delle incomprensioni culturali, ma l’odio etnico è un’altra faccenda.
E’ qualcosa che si radica nei popoli in anni, che deriva da teorie razziste note e scritte da persone, ahimè, colte e pure intelligenti: si giustifica spesso con un’interpretazione distorta della storia, quanto meno vista solo come contrasto tra popoli dominanti e popoli oppressi.
Quindi per parlare di razzismo bisognerebbe avere pure una letteratura, dei romanzi, dei poemi nazionali che lo favoriscono: questo da noi non c’è, invece in altri popoli la riscossa contro l’oppressore bianco, o le teorie di superiorità verso le altre etnie, sono presenti e diffuse.
I popoli anglosassoni possiedono tutta una letteratura che giustifica il colonialismo paternalista.
Esistono poi, sempre a Nord delle Alpi, le interpretazioni del darvinismo rivolto al sociale, con deformazioni gravi: ci sono popoli destinati a dominare il mondo, secondo queste teorie ancora pericolose.
E’ tutta robaccia datata, vecchia di almeno un secolo, ma ha fatto il suo danno e continua a provocare guai nelle menti: però noi popoli del Sud Europa, con un marginale passato da colonialisti, (escludendo la Spagna e il Portogallo con un passato coloniale da poco concluso) siamo stati poco influenzati da certe idee, escludendo le teorie razziali del fascismo.
Invece riportare tutto a uno scontro come fossimo nei ghetti neri del Sud degli Stati Uniti è veramente ridicolo: si vede che c’è gente che vuole pescare nel pantano e confonde uno sporco massacro della Camorra come uno scontro etnico, razziale.
Riportare il discorso a un livello razionale è obbligatorio: la prima causa si trova nelle difficoltà di inserimento di decine di gruppi nazionali diversi sul nostro territorio.
Arduino Rossi