lunedì 24 novembre 2008

A Verona la tragedia inspiegabile di un padre quasi felice.


A Verona la tragedia inspiegabile di un padre quasi felice.
Uccide moglie e i tre suoi bambini senza lasciare motivazioni particolari dietro di sé.
Era un commercialista benestante con la moglie avvocato: aveva tre figli che adorava, una bella casa, una vita serena, almeno in apparenza, si era fatto tutto da sé, ma qualcosa gli si è rotto dentro: la donna delle pulizie ha trovato i tre bambini dai 2 ai 7 anni, la moglie e l'omicida suicida tutti ormai morti.
La ricerca di una spiegazione sensata è difficile da trovare: pare che non ci fossero debiti, né malattie particolari, né infedeltà o crisi matrimoniali in corso.
Era tutto normale o così pareva a tutti i vicini, i parenti, i conoscenti e i colleghi: nulla scaturiva fuori di anormale da quella che era per tutti una famiglia felice, quasi perfetta: un uomo non potrebbe desiderare di più e di meglio.
Mi distacco dal fatto di cronaca in questione, con pochi dati chiarificatori, per approfondire situazioni comuni e diffuse pure in altre stragi simili del passato, oltre a tante situazioni famigliari comuni, anche se non tragiche.
La fatica di crescere i figli è grande: ci si consuma per lo sforzo di rispettare tempi, buon senso, valori e pure buone maniere con gli schemi di un'esistenza spesso affannosa, anche per chi problemi economici non ne ha.
Un fatto è certo per questo caso insoluto: qualsiasi famiglia, come in qualsiasi comunità umana, ci sono sempre dei contrasti, degli attriti e la perfetta armonia esiste solo negli spot pubblicitari: nella realtà i bambini fanno i capricci, si torna a casa stanchi dal lavoro e si può, qualche volta alzare la voce, si può discutere, si può sgridare i bambini, si può anche non andare sempre d'accordo con la moglie.
I problemi sono tanti, dentro e fuori la propria casa: i soldi poi non bastano mai, anche quando ce ne sono un po'.
Il timore di non riuscire a essere un buon padre è pure grande, così la famiglia si nasconde agli occhi del mondo con un'apparente rispettabilità, buon senso e pure un po' di ipocrisia.
“I panni sporchi si lavano in famiglia” è un modo di dire e di comportarsi diffuso tra chi teme il mondo esterno, il suo giudizio, i pettegolezzi: quando da una casa non si percepisce un pianto, un bisticcio, un urlo, un lamento e tutto pare troppo perfetto, allora in quella famiglia qualcosa non funziona.
La solitudine delle nostre famiglie è grande, così i problemi irrisori, ridicoli, ingigantiscono nelle menti di padri affaticati: la tragedia è l'ultimo sviluppo, per fortuna eccezionale, di piccoli e grandi drammi quotidiani, che quasi sempre sono pure banali, risibili se visti dall'esterno, ma sono pure le gocce che, con il loro stillicidio, perforano la roccia.
Nelle nostre case il nemico sta all'esterno ed è pronto a giudicare, ma ancora di più a non farsi gli affari suoi: bisogna quindi chiudersi dentro e proteggersi dall'invidia maligna, da chi attende il momento opportuno per fare del male.
Forse la maggioranza delle persone invece se ne infischia di noi e delle nostre questioni private: i pettegoli sono spesso sciocchi innocui, ma queste famiglie devono essere felici a tutti i costi e devono recitare una parte difficilissima.
Lottano contro i problemi quotidiani e contro la verità, la realtà: tutto questo ha un costo enorme e proprio la felicità, quella imperfetta se volete, ma autentica, svanisce da quelle case, per lasciare spazio a farse dolorose.