venerdì 15 febbraio 2008

La peste del XXI secolo


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Pandemia è un termine poco conosciuto, ma il cui significato terrorizza, proprio oggi che ci eravamo convinti di aver debellato il grande flagello, che si può definire con il termine di peste: non parlo solo della malattia ciclica che dimezzava gli abitanti delle nostre contrade nel Medioevo e sino al secolo XVII.
Intendo proprio il terzo cavaliere dell'Apocalisse, quello verde su un cavallo verde, che porterà morte e pestilenza dietro di sé.
I quattro flagelli dei quattro cavalieri non si sono mai placati e a quanto pare non si placheranno mai: tirannia, guerre, carestia e epidemie non sanno dare pace a questa umanità.
Da alcuni decenni i Paesi più ricchi non conoscono direttamente queste sciagure: gli occidentali le vedono solo in televisione, magari durante l'ora di cena, che osservano quasi annoiati.
Così mi voglio divertire, rammentando, senza troppi allarmismi, che il rischio di un'epidemia diffusa, grave, ce provochi molti morti anche da noi, è tutt'altro che svanita.
Basterebbe che una nuova malattia, di nuova formazione e mutazione, si diffondesse in un qualsiasi angolo del pianeta, che questa, in pochi giorni, potrebbe essere dispersa in tutto il mondo, con il movimento delle persone, che la propagherebbero così rapidamente da non poterla fermare, isolare con le quarantene, da curare con nuovi farmaci.
Questa sarebbe la pandemia, ovvero un disastro umano, sociale ed economico, in grado di mutare il destino di molti popoli in poche settimane.
Capiterà? Sarà particolarmente virulenta?
Nessuno lo può dire, ma è sicuro che le nostre certezze potrebbero annullarsi in poco tempo e ritrovarci in un medioevo nuovo e imprevisto, oltre che imprevedibile.
Per ora ci si può consolare con la certezza che non conviene essere indifferenti alle miserie degli altri: lottare per migliorare le condizioni di vita di tutti gli esseri umani è un dovere.
Arduino Rossi