venerdì 8 agosto 2008

Lo spettacolo della pena capitale



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La pena di morte potrebbe essere uno spettacolo popolare, anche se servono stomaci forti per vederla: se fosse diffusa veramente, su Internet, anche in televisione, batterebbe tutto e tutti,
In fondo il condannato a morte è uno sconfitto, che si è fatto catturare come un fesso.
Se ora lo friggono sulla sedia elettrica se lo merita, ma non per le sue colpe, perché non è riuscito a sfuggire ai giudici.
Inoltre tra la gente il desiderio di giustizia sommaria è grande: in molti si augurano che i colpevoli paghino, anche con la vita e non per tutta la vita, come è giusto per gli assassini.
La tensione sale e il senso della pietà scende, con la tolleranza e la voglia di perdonare, o almeno concedere ai colpevoli il tempo di pentirsi durante la pena.
Si sa che pure le incertezze economiche, la paura del futuro, per sé e per i propri figli, fa salire l'istinto di autodifesa, che si sfoga con i colpevoli o presunti tali.
Il capro espiatorio era un capretto di un anno, che il popolo di Israele mandava praticamente a morire nel deserto, in espiazione dei peccati di tutto il popolo.
Questo è un metodo usato da tutti i poteri, quando le cose vanno male:
si prende uno o più di uno, su cui caricare le emozioni negative della gente e lo si punisce in modo esemplare.
Ci furono gli ebrei, le streghe, gli eretici, ma pure i cristiani, gli armeni, i cinesi per alcune popolazioni asiatiche, che furono accusati di ogni nefandezza, per poi colpirli, emarginarli, massacrarli.
I pogrom nella Russia zarista, i neri impiccati dagli incappucciati del Ku Klux Klan nel Sud degli Stati Uniti, gli armeni nella Turchia dell'inizio del Novecento sono l'esempio negativo, quasi classico, di odio insensato, irrazionale, usato dal potere ufficiale per allentare la tensione interna.
La gente desidera giustizia sommaria?
Arduino Rossi