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lunedì 29 dicembre 2008

L'ultima battaglia di Bush è contro le scarpe.


Il giornalista iracheno Muntazer al-Zaidi ha scatenato un putiferio per il suo “attentato” alla testa dell'uscente presidente statunitense: in migliaia sono scesi in strada a Baghdad per chiederne la liberazione dopo l'arresto.
George W. Bush ha evitato prontamente, bisogna ammettere, le scarpe del cronista, che voleva colpirlo direttamente al capo.
L'attentato al “vertice mondiale” ha scatenato ironia, risate e tanta solidarietà con il giornalista responsabile dell'atto: i siti web e i blog arabi sono zeppi di commenti favorevoli.
Youtube è stato invaso da migliaia di video dell'azione del giovane cronista iracheno: in molti ne chiedono la liberazione.
Si è scomodato Khalil ad-Dulaymi, avvocato del presidente iracheno, impiccato da tiranno, Saddam Hussein.
Vuole organizzare 200 avvocati per la difesa gratuita di al-Zaidi, già proclamato "eroe nazionale": io mi immagino la imponente statua in una piazza di Bagdad, mentre il “valoroso” lancia gli scarponi contro l'oppressore straniero.
Gesti simbolici, inutili, in passato sono passati alla storia e sono stati tramandati per dar forza alla retorica nazionalista: il lancio della stampella, di un sasso, di tanti arnesi scarsamente utili ad offendere fa parte di quella retorica che affascina le menti semplici.
Noi occidentali, stanchi di gesti “gloriosi” e vani sorridiamo di tutto questo: invece in tanti hanno pensato che quelle scarpe Bush se le sia proprio meritate.
La sua politica in Iraq è stata contraddittoria: pure il perché di questa guerra pare lontano, inspiegabile.
Si cercavano le armi di distruzione di massa, ma alla fine si è spiegato il tutto con una guerra di liberazione e di esportazione della democrazia con i cannoni.
Ora in tanti si compiacciono della fine dell'era Bush, ma in pochi si rammentano che il presidente americano non sapeva neppure chi fossero i Talebani, prima dell'elezione del suo primo mandato: è facile vedere in una persona il simbolo del male e sperare di abbatterlo.
E' più difficile contrastare gli interessi economici, le condizioni culturali che favoriscono i conflitti: combattere i “guerrafondai” è semplice, basta riempirsi la bocca di parole grosse.
Ora il nemico, il presidente che ha favorito i conflitti se ne andrà in pensione.
Avremo pace?
Sicuramente no, le scarpe lanciate, le parolacce, gli insulti non impediscono che il terrorismi da una parte e dall'altra la risposta militare, disastrosa, tragica, cadano sui civili di un fronte e dell'altro.
Neppure la nuova politica di Obama porterà pace, pur aprendo la strada a un eventuale isolazionismo, pur parziale, della superpotenza: si cercherà l'auto sufficienza per il fabbisogno energetico e così gli stati Uniti avranno minori interessi da difendere all'estero.
E' giusto liberare il giornalista screanzato, facendogli pagare solo un'ammenda: non rendiamolo un martire.
Troppi terroristi, o filo terroristi sono diventati eroi per gli arabi, ma pure per una parte dell'opinione pubblica occidentale: c'è uno spirito nichilista che dilaga ancora nelle nostre periferie.
E' sempre più una cultura marginale, ma è tuttora violenta, un po' infantile, spesso esaltata, acritica, ma continua a imperversare, a cercare presunte vittime della repressione da compatire, nel cercare amicizie impossibili ad Oriente, lontanissimo, agli antipodi proprio dei loro valori.
Ridiamo per le scarpe in faccia a Bush, ma per fortuna il giornalista iracheno non aveva una buona mira: sarebbe stato troppo trasformare Bush in un eroe, per due scarpacce lanciate contro la testa.
Sì, sarebbe diventato una vittima del terrorismo, con armi “improprie”.
Arduino Rossi

venerdì 12 dicembre 2008

Barack Obama e la sua squadra sfidano la crisi.



Il futuro segretario di Stato, Hillary Clinton e il Presidente degli Stati Uniti hanno personalità forti, forse in contrasto: il mondo attende decisioni coraggiose e intelligenti da loro, con ansia.
Non ci sono dubbi che i due nuovi e potenti personaggi della politica mondiale abbiano le idee chiare su come reagire alle sfide di questo secolo complicato e contraddittorio: la prima risposta di Obama è stata in un intervento dello Stato per aiutare l'industria automobilistica Usa, o il progetto per farlo.
Inoltre ci saranno nuove regole per il mercato finanziario: queste promesse hanno fatto risalire le borse di tutto il mondo, con uno scatto che mostra fiducia, pur restando tantissimi i dubbi e i pericoli nel breve tempo, nel lungo tempo.
Non è solo una questione di mercati finanziari, per quanto siano importanti, né di costo del petrolio: è proprio una faccenda di comprensione della realtà attuale e di azioni adeguate.
Obama ha promesso di liberare gli Stati Uniti dalla dipendenza dal petrolio dei Paesi arabi.
Questa sua proposta, pur restando difficile da realizzare in pochi anni, è legata appunto alla lotta al terrorismo islamico: pare, ripeto pare, che pure Obama consideri il terrorismo una faccenda legata al controllo del prezzo del petrolio.
Altra speranza, tanto sognata da mezzo mondo, sta nel ritiro delle truppe Occidentali dall'Iraq e dall'Afghanistan.
La scelta del Segretario di Stato e di uomini legati alla precedentemente amministrazione, oltre a dichiarazioni patriottiche del Presidente
afro-americano non lasciano dubbi: le guerre continueranno, almeno per i prossimi mesi.
Si può dire che non basta ridare fiducia ai mercati, punire i bancarottieri, riconsegnare le case a chi le ha perse per speculazioni sui mutui: la crisi che ci riguarda tutti non è solo quella economica.
C'è veramente una situazione come quella del 1929?
C'è chi si fa il furbo per speculare ancora e guadagnare ricchezze sulle spalle degli ingenui risparmiatori spaventati?
Sicuramente molti patrimoni si sono dimezzati o sono addirittura crollati in queste periodo, mentre c'è chi è pronto a gettarsi sul mercato finanziario per approfittare della situazione: si parla di speculazioni ostili, si temono i petroldollari:
Tutto questo è importante, ma ci si scorda sempre che gli uomini più potenti della terra devono decidono, se lo possono fare, se lo vogliono fare, del destino della pace e della libertà di 6 miliardi di individui.
Non tutto può essere ridotto a questioni economiche, pur restando importanti, non tutto è legato alla resa dei titoli, dei fondi di investimento, ma la dimensione umana, la scelta di rispettare gli esseri umani e le loro radici, le loro tradizioni, le loro lingue, la loro autodeterminazione non è una vuota questione retorica, da propaganda elettorale, per di più datata.
E' giusto liberarsi del predominio del petrolio arabo, ridare certezze al mercato immobiliare, alle industrie, ma soprattutto bisogna riportare la pace e non perdonare, con coraggio e decisione, chi traffica con gli strumenti di morte: intendo con chi specula con i commerci delle armi.
Non siamo più ai tempi della guerra contro i pellerossa, che acquistavo armi vendendo pelli, pepite d'oro per scacciare dalle loro terre i visi-pallidi: armi vendute illecitamente, che davano vigore ai commerci quanto quelle vendute ai soldati che sconfissero, sterminarono i padroni delle praterie.
Un tempo c'erano dei mercanti che acquistavano cannoni dall'Europa e li vendevano ai turchi, che combattevano l'Europa: in molti si arricchirono e l'economia ebbe degli utili, ma questi vantaggi costarono morti, feriti per le guerre contro l'Impero Ottomano.
La guerra è sempre un grande affare, almeno per qualcuno.
Il Nostro nuovo, giovane, Presidente dell'ultima e unica superpotenza rimasta al mondo cosa vuole fare?
Vuole cambiare veramente il corso della storia con una politica che porti la pace, oppure no?
Vuole stroncare i traffici con i “nemici” per non far vendere più armi, oppure continuerà con la solita politica?
I film western li abbiamo visti tutti e stancano un po': è ora di cambiare strategia.
La pace è sempre la miglior condizione per far crescere il benessere.
Arduino Rossi

mercoledì 5 novembre 2008

E' iniziata l'era Obama

(Obama McCain Stai Uniti d'America Usa presidente Casa Bianca nero negro voto presidenziali)

Obama ha trionfato, sono tutti felici, tutti festeggiano il vincitore e John McCain saluta il 44esimo presidente degli Stati Uniti Barack Obama: ''Dio benedica quello che sarà il mio presidente. Lascio ad Obama e a Biden l'onore di guidarci per i prossimi quattro anni.”
La democrazia consolidata americana si permette il lusso di cavalleresche dichiarazioni da parte degli sconfitti: ''Il popolo americano ha parlato chiaro, ma adesso nessun americano deve essere dispiaciuto.”
La lealtà e l'onesta politica di MacCain non lascia dubbi: “La sconfitta è mia.”
Tutto questo è avvenuto a Phoenix in Arizona, davanti ai sostenitori repubblicani delusi dopo le notizie che hanno coronato, senza dubbi, il rivale democratico presidente dell'ultima super potenza rimasta al mondo.
Il fatto che sia un nero a guidare lo Stato più potente del pianeta, che fu una nazione schiavista e con tracce di razzismo consolidato a tutti i livelli, tra cui anche scienziati e premi Nobel, non può che riempire di gioia.
Sì, Obama si è guadagnato la casa Bianca, partendo dalle periferie povere, sudando e studiando, dimostrandosi capace, intelligente, convincendo per il suo senso pratico, per la sua nuova cura contro i guai economici.
Bush fu sicuramente responsabile, proprio per la sua teorie che favoriva le speculazioni più ardite, di ciò che è capitato con i mutui: Obama ha delle soluzioni sensate, che probabilmente riporteranno le cose apposto, con qualche dolore e un po' di fatica.
Ora tutti sperano che il primo uomo nero, che si è meritato tanto onore, cambi il destino del mondo.
Avremo pace e prosperità?
Ho dei dubbi, la politica estera non muta tanto presto, con il nuovo presidente, neppure è possibile variare scelte sciagurate, chiedo scusa per la mia esplicita opinione: l'intervento in Iraq fu una decisione insensata e ancora non se ne capisce lo scopo, il fine e il perché di un'azione militare che ha destabilizzato ancora di più la ragione, aprendo le porte ai terroristi.
Ora l'Iran pare contento, ma non credo che Obama gli sarà amico.
Pure per il conflitto in Palestina ci sono speranze, ma non credo in un cambiamento della politica internazionale: non basta un presidente di pelle diversa per avere scelte di politica estera più accorte.
Come sarà l'era Obama?
Negli Usa spronerà lo sviluppo, che ricadrà sul mondo intero, ma serviranno alcuni anni per uscire definitivamente dalla crisi.
Il vero enigma sta nelle scelte di politica estera.
Ci saranno i disimpegni militari statunitensi in Iraq e in Afghanistan?
Ci saranno altre strategie per fermare il nucleare iraniano?
Ci sarà una politica meno aggressiva e più attenta al mondo slavo, russo, con i suoi nazionalismi in avanzata?
L'era Bush fu segnata da scelte che ci hanno fatto tornare indietro sul terreno della pace: non ho mai creduto che tutto sia per colpa degli Stati Uniti, ma atteggiamenti più interessati al controllo del prezzo del petrolio che della stabilità mondiale non hanno favorito soluzioni diplomatiche per i conflitti locali del pianeta.
Cosa vorrà l'amministrazione Obama?
Sarà più interessata allo sviluppo di risorse energetiche alternative o voterà ancora per il petrolio?
Sarà attenta ai dialoghi, senza cedimenti, con strategie di controllo di aree del pianeta fatte più con il peso dei dollari che dei carro armati?
Obama non è e non sarà un santo, un benefattore per i più poveri del mondo: farà l'interesse della sua nazione, poi quello dei suoi alleati e per il resto dell'Umanità rimarrà poco.
Sarà pronto ad usare le armi con decisione, se le occasioni lo imporranno, ma solo, si spera, sarà più attento alla storia e alla cultura del resto del mondo: ci si augura che sia finita, una volta per tutta la politica estera di Bush, molto simile a quella di un elefante in una cristalleria.
Arduino Rossi

martedì 4 novembre 2008

Brunetta colpisce anche in Vaticano


(Brunetta Vaticano cartellino cartellini rendimento uffii e merito stipendio guiadagno)

In tempi di caccia ai fannulloni pure in Vaticano diventa sempre più duro fare il pelandrone: il “badge” elettronico a banda magnetica blu riguarderà sia il personale ecclesiastico che civile.
Inoltre ci sarà una "Scheda di valutazione personale", con quattro voci: dedizione, professionalità, rendimento, correttezza.
Avremo delle belle pagelline con ottimo, buono, sufficiente e insufficiente, da cui si valuteranno i premi economici: il Vaticano però fa notare che il controllo elettronico riguarda il regolamento approvato alla fine del 2007.
Se il Vaticano non ha copiato Brunetta, allora Brunetta ha spiato il Vaticano?
La "Scheda di valutazione personale" sarà importante per gli scatti di carriera: lo stipendio base è di 1.300 Euro e si arriva sino al 2.300 Euro per i livelli più alti.
Così l'ideologia del merito, con premio economico, ha superato il Tevere ed è sbarcata sull'altra sponda: i tempi sono cambiati e non basta più a nessuno il premio futuro, quello eterno.
Ci sono quindi dei fannulloni negli uffici del Vaticano?
Visto che non ci sono contribuenti che pagano, ma solo offerte dei fedeli, era giusto fare un po' di chiarezza: si sa che è facile mostrarsi pii, bravi e buoni, poi c'è chi agisce in modo opposto, quando l'occasione lo permette.
La meritocrazia entra nello spirito Cattolico?
Forse no, ma certamente fa parte dell'anima di questo secolo, che si sta evolvendo verso sempre più maggiori rese economiche sulle spalle di chi lavora, in ogni genere di ufficio, nelle officine.
Fare dell'umorismo è facile.
Ci saranno dei santini per i più bravi alla sera?
Ai miei tempi, quando andavo al catechismo me li davano sempre: io ero tanto bravo e buono, allora, poi sono cresciuto.......
Invece è grande il sospetto che questa nuova mentalità non faccia poi tanto bene alla produttività, come si ritiene comunemente: qualche controllo è necessario, ma sperare di trasformare gli uffici in collegi, se non addirittura in carceri, non servirà a migliore la qualità e la quantità del lavoro svolto, questo vale per il pubblico, per il privato e per il Vaticano.
Gli scout hanno come motto “fare del proprio meglio”: solo spronando e facendo interessare i travet al loro lavoro si avranno dei buoni esiti.
Solo valutando il lavoro complessivo, in modo oggettivo, oso dire, scientificamente, si potrà avere qualcosa di serio.
Io non ho mai creduto nei giudizi oggettivi dei capiufficio, che hanno troppe simpatie, troppe antipatie e anche parecchi pregiudizi, oltre ai soliti casi di preferenze per motivi estetici, sì, le solite belle segretarie che guadagnano tanto e fanno poco, per l'ufficio.
Trattare i propri dipendenti come dei ragazzini monelli è di moda, ma, nonostante i dati statistici trionfanti, che ci vengono propinati, nonostante quelli che ci presenteranno in futuro, io continuo a non credere in Brunetta, alla sua cultura del bastone e della carota, dei treni in orario a tutti i costi, perché non è umiliando i lavoratori che si ottengono i risultati.
Ora un prelato di mezza età sarà trattato come un giovane precario in Vaticano?
Se si assenterà per le orazioni avrà una bella o una brutta p
agella?

Arduino Rossi

lunedì 3 novembre 2008

Il Congo è lontano dalla politica estera dell'Occidente


(Congo guerra civile afriana, scontri tribali etnici saccheggi, violenze e diritti umani)

I ribelli del generale Laurent Nkunda, dopo gli scontri a Goma, stanno avanzando tra saccheggi delle truppe regolari e quelle di questo esercito conquistatore: il segretario generale al Palazzo di vetro di New York ha inviato degli emissari in Africa per cercare di calmare la situazione, che coinvolge il Ruanda e il Congo.
Ue, Usa e Unione Africana si mobilitano per una tregua provvisoria, un cessate il fuoco, da permettere ai profughi di spostarsi, per aiutare parte della popolazione.
In particolare i ministri degli esteri britannico e francese, David Miliband e Bernard Kouchner si sono mossi personalmente e sono andati a Kinshasa in Congo per incontrare il presidente della Repubblica popolare del Congo (Rdc) Joseph Kabilla: si vede che le due ex potenze coloniali hanno ancora delle carte da giocare nella regione.
Il quadro dei contendenti è completo?
No, mancano tutte le grandi società, in cerca di minerali a buon mercato, tutti i mercanti di armi, tutti i neocolonialisti di ogni razza e religione, che giocano sporco, ma sempre con le stesse strategie del passato: si arma un generale che può unire sotto di sé un gruppo di uomini fedeli, come i nostri antichi capitani di ventura, poi lo si giustifica con una causa ideologica, religiosa, etnica, tribale e si conquista grazie a lui una regione ricca di diamanti, di petrolio o di qualsiasi altra materia prima.
Con la pace si ottengono delle esclusive per le estrazioni di tali minerali.
Questo è uno schema vecchio e probamente non è l'unico valido per capire cosa sta capitando nella regione africana: un'altra teoria è quella che vede l'Africa emarginata, fuori dagli interessi strategici ed economici mondiali, con il suo bassissimo reddito pro-capite, da rendere il grande continente nero la cenerentola del mondo globalizzato.
Un’altra spiegazione forse la si trova in un continuo scambio e conquista e riconquista, come negli anni tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, di territori, ma il fine non è solo lo sfruttamento delle materie prime: è pure nel creare problemi all'avversario, nel rimettere in discussione situazioni complesse di dominio mondiale, in una strana e complicata partita a scacchi, giocata su tutto il pianeta.
Chi sarebbero i giocatori?
Forse sono degli Stati e vengono in mente subito Cina e Russia, che contrastano l'Occidente.
Invece io mi immagino altri interessi e altre realtà sotto tutto questo, questa nuova spartizione della povera Africa, fatta sulla pelle degli africani.
Tutto ha origine nello scontro tra gruppi economici, che stanno al di sopra delle ideologie, delle fedi religiose, delle appartenenze nazionali: ci sono sicuramente dei gruppi di poteri, ormai consolidati, che si impongono con i loro privilegi, sfruttando o provocando pure le crisi internazionali.
Non sono biechi individui che agiscono nell'ombra bensì interessi di gruppi di speculatori, che si muovono senza badare se il loro agire provocherà movimenti pericolosi, disastrosi in un'altra parte del globo: la guerra del Congo, ma pure le crisi finanziarie, le speculazioni e i grandi affari, tendono a stritolare le regioni più povere, ma anche le nostre industrie minori, generando nel mondo crisi e scontri di natura diversa.
Il primato della politica è lontano e non esiste più: oggi siamo davanti al primato della finanza , dello sfruttamento economico, dell’insensibilità ai dolori e ai guai che ne scaturiscono.
L'Africa è solo uno di questi terreni di scontro e pure di incontro di tali forze economiche: non si tratta di biechi speculatori, ripeto, ma solo di gruppi di potere interessati alla guerra tra nazioni per vendere armi, acquistare materie prime a basso costo e rivenderle ad alto.
Se poi in tutto questo gioco muoiono migliaia di persone, non importa, fa parte di questa logica spietata.
Non illudiamoci, pure noi, per certi interessi, siamo solo pedine: non importa se siamo occidentali, europei, potremmo subire pure noi crisi e difficoltà sulla nostra pelle.
Non abbiamo signori della guerra sul nostro territori, ma pure noi abbiamo i nostri cavalieri dell'Apocalisse che cavalcano: non voglio essere apocalittico, intendo solo dire che il male, frutto dell'egoismo umano, non ha tregua.
Arduino Rossi

L'Africa è stata dimenticata

(Africa africana africane afriche guerre continenete nero neri negri negritudine cultura africana)


Le guerre dei signori della guerra in quel continente non hanno tregua e le corti islamiche fanno i prepotenti in Somalia, mentre esistono eserciti feroci che combattono guerre sante, fanatiche in nome del Signore, o così affermano.
La guerre che investono il continente nero lasciano indifferenti i popoli occidentali, ma favoriscono gruppi di potere ed economici mondiali.
Pare che dietro il Sudan ci sia la Cina, ma sicuramente la lontana nuova potenza asiatica non potrebbe imporre un regime all'Occidente, se non ha qualche alleato tra i Paesi europei o nelle multinazionali.
Qui però non è in questione la ferocia di cinici padroni del vapore, sono loro che controllano l'economia e non si preoccupano di fare affari con i peggiori regimi di questo pianeta: dittatori sanguinari, tiranni feroci, rozzi e fanatici, chiusi nel loro mondo medioevale hanno sempre trovato chi offrisse a loro armi e protezione diplomatica.
Il fatto non è se questo avviene, ma perché non si possono fare nomi e cognomi pubblicamente: quella grande società e quel altra estrae petrolio impunemente, mentre accanto ci sono crimini contro l'Umanità.
Se l'opinione pubblica fosse avvisata i politici dovrebbero agire e i “cattivi affari” non ci sarebbero, ma questo non avviene: altro sistema per ostacolare i tiranelli locali sta nel sequestro dei conti bancari, dei blocchi dei commerci, nel sequestro delle merci importate ed esportate, con tante scelte che danneggerebbero le economia del regime.
Proprio alcune nazioni specializzate, ma non solo loro, assicurano protezione ai capitali sporchi di sangue e li rimettono in circolo.
Alla fine in tanti fanno affari direttamente con i dittatori ottusi e guadagnano: anzi proprio l'arretratezza dei sistemi economici e la loro cultura medioevale rende possibile ai nostri affaristi di guadagnare facilmente.
Intanto i popoli dell'Africa soffrano, ma nessuno se ne cura.
Arduino Rossi

martedì 28 ottobre 2008

Ai soliti puristi della razza Obama non è simpatico


(Elezioni negli Stati Uniti 4 Novembre 2008 Presidente degli Stati Uniti d'America USA Vice presidente)

Qualcuno vuole Barak Obama morto: sono i neonazisti statunitensi, gli skinheads volevano assassinarlo con altre personalità nere del Tennessee.
Sono stati gli agenti federali a scoprire il complotto contro il candidato democratico: questi tentativi criminali sono qualcosa di prevedibile, purtroppo, perché, per certe menti, un presidente nero è un segno che preannuncia la fine del mondo.
Il colore della pelle è solo una “questione estetica”: ciò che conta sono i pensieri, che non hanno colore e neppure un'appartenenza razziale.
Il nostro Obama sarà forse presidente: le elezioni diranno se McCain è riuscito a recuperare sugli indecisi oppure dovrà consegnare la Casa Bianca a un nero, proprio lui, che è un pronipote di proprietari di schiavi.
Sarebbe certamente bello immaginare l'uomo più potente del mondo un nero, così da mostrare a tutto il mondo che il merito vale più dell'appartenenza a questo gruppo o all'altro di potere, a questa o quella famiglia, o a quella pura etnia bianca.
Chiunque potrebbe diventare presidente, in un Paese democratico, si diceva tempo fa.
Obama sarà migliore di Bush?
Chi vivrà vedrà.
Ora le culture razziste subiranno una grande sconfitta, per secoli i popoli dell'Europa, ma pure altre etnie, si sentirono superiori ai neri: li resero schiavi, li dominarono, costringendoli a lavori umili.
Sì, un presidente nero alla Casa Bianca è proprio la morte per tutte le idiozie dei cultori delle razze superiori, o presunte tali.
Se non sono riusciti questa volta ad ucciderlo, ci riproveranno in futuro: l’imbecillità criminale non si arrende facilmente.
Il razzismo ebbe origine forse, oltre da teorie di estrema destra consolidate negli anni Trenta del secolo scorso, pure da versioni degenere della teoria di Darwin: il darvinismo o meglio i darwinismi fecero da piedistallo a molti discorsi pericolosi, criminali, del Novecento.
Tutto questo non ha nulla a che vedere con il grande scienziato inglese, ma la selezione della specie, il più forte che sopprime il più debole (in realtà Darwin parla di adattamento all'ambiente e non di forza), fu usato come base per creare ideologie razziali insensate.
L'adattamento all'ambiente non segue i nostri parametri: non si parla di superiore e inferiore, ma di capacità di adattamento o meno, con conseguenze strane, come per i casi di specie inferiori per intelligenza, ma superiori per resistenza, come gli scarafaggi.
Sarebbero loro gli esseri dominanti in caso di olocausto nucleare, ma è difficile considerarli superiori a tutti i mammiferi, agli uccelli, pure ai rettili che si estinguerebbero, perché non adatti all’ambiente radioattivo.

Ora un presidente nero pare proprio una bella notizia: a sinistra si esulta, ma a destra, in Italia, dicono che Obama ha copiato, nel suo programma certe idee del programma del nostro e nostrano centro destra.
Si sa che noi italiani ci piace salire sul carro del vincitore, qualsiasi vincitore sia: si può dire che ci piace vincere sempre e a tutti i costi.
Ora Obama, salvo mutamenti di rotta negli ultimi giorni, ha già molti estimatori in Italia: viene tirato per la giacca e presentato come loro amico.
Non temano chi si aspetta cose strane, nuove: il colore della pelle è scuro, ma non ci saranno scelte sconvolgenti.
Obama non metterà in subbuglio l’ideologia degli interventi militari e di caccia ai terroristi: ci saranno più sussidi per i poveri negli USA, qualche assegno familiare, ma questa è una questione interna.
Forse in tanti resteranno delusi, io mi metto già tra costoro: il colore della pelle non conta: siamo tutti esseri umani, nel bene e nel male.
Arduino Rossi

venerdì 24 ottobre 2008

Barack Obama sorpassa John McCain.

(obama maccan - obama tax plan -obama muslim -obama vs maccan elezioni del presidente degli Stati Uniti d'America USA)


Barack Obama sorpassa John McCain.

Quanto sta costando a McCain la politica economica di Bush?
Forse perderà le elezioni e sarà pure una brutta sconfitta, se i sondaggi saranno confermati: secondo Zogby, Obama ha 10 punti percentuali sul suo rivale.
Ora vanta un bellissimo 52% contro un povero 42% di McCain: si vede che il ceto medio americano, sempre più in difficoltà, non si fida più di una politica che ha causato tanti danni.
Mancano 13 giorni all'Election Day: nulla è escluso, ma Obama ha guadagnato l'1,3% in un giorno e McCain ha perso lo 0,4%.
Forse i dubbiosi si stanno schierando con il probabile primo presidente di colore alla Casa Bianca.
Si vuole cambiare finalmente linea politica?
Quali sono gli errori di Bush?
Gli interventi militari a caccia di terroristi in tutto il mondo, tranne dove forse si doveva intervenire, hanno favorito la crescita del prezzo del petrolio, ma soprattutto il mancato controllo sul comportamento di certe banche, che non avevano scrupoli di favorire mutui facili, hanno spinto fino all'assurdo la speculazione sugli immobili, sino a far scoppiare la bolla.
Così la garanzia dei prestiti si svalutava, i tassi crescevano e resero impossibile il pagamento delle rate per troppa gente: gli immobili non valevano più il capitale prestato e le banche, come si sa, si trovarono in grave difficoltà.
Il controllo sulle attività spericolate, al limite dell'onestà, almeno quella morale se non legale, è completamente mancato: una cultura economica, fatta tutta di guadagni facili, è terminato male.
Avremo milioni di disoccupati in tutto il mondo, recessione, povertà in aumento.
Ci sarà finalmente una nuova guida e una nuova filosofia al potere negli Stati Uniti?
L'ultima super potenza rimasta è l'unica che può decidere delle sorti economiche del pianeta?
In questo momento storico sicuramente sì, non solo per il peso finanziario del gigante americano, ma per la presenza di capitale di origine statunitense in tutto il mondo, in particolare in Asia: il denaro che circola in ogni luogo, accettato in quasi tutto il pianeta, è sempre il dollaro.
C'è tutta una cultura e un'ideologia che sta alle spalle della speranza di un presidente di origine africana: c'è un vecchio tipo di populismo, di canti e di retoriche attorno al popolo degli ex-schiavi, pronti a mutare, sovvertire l'ordine dei bianchi conservatori, se non reazionari.
Inoltre Obama ha pure un padre emigrante africano, di fede islamica, da qui tante strane ipotesi sul personaggio.
In verità il colore della pelle e l'origine etnica non significano nulla: si può essere conservatori o progressisti, a secondo dei casi, delle situazioni, delle convenienze.
Un mutamento della politica economica del nuovo presidente, si spera, darà fiato alla finanza statunitense e mondiale, ma per la politica estera le scelte coraggiose, i cambiamenti di rotta, saranno più lenti.
L'interventismo militare probabilmente non cesserà, restando incomprensibile il senso e la strategia di tutto ciò: le giustificazioni ufficiali non sono sufficienti a chiarire un tale dispiego di uomini e di mezzi.
Vedremo se Obama, se vincerà le elezioni, avrà il coraggio di scelte nuove.
Avremo meno navi da guerra nei mari, meno soldati a caccia di fanatici pronti a farsi esplodere con cinture imbottite di esplosivo?
Vedremo se saprà usare altre strategie e più determinazione per imporre i valori democratici: non più cannoni per esportare la democrazia, ma il peso dei dollari americani, oppure semplicemente l'uso ancora più accorto degli strumenti di diffusione del pensiero, come le televisioni, le radio e in particolare internet.
Quindi meno bombe "intelligenti" e più dialoghi, parole, scelte pratiche e propaganda, per favorire la libertà di pensiero in tutto il mondo.
Forse è proprio questo che temano i potenti della terra e in conseguenza questa strategia non sostituirà quella della guerra, delle conquiste, del controllo del territorio con i bombardieri.
Arduino Rossi

sabato 18 ottobre 2008

Nicola II, Zar di tutte le Russie

(Zar Russia Russie comunismo zarismo imperialismo Romanov impero imperatore)


Nicola II e famiglia furono alzati agli onori degli altari dalla chiesa Ortodossa russa nel 2000, perché, secondo tale chiesa patriottica e cesare-papista, cioè vicino e suddita da sempre del potere politico, lo Zar, la Zarina e prole furono crudelmente ammazzati perché cristiani.
La granduchessa Maria Vladimirovna, discendente diretta della famiglia imperiale, ora vede consacrata ufficialmente la sua tesi: non fu colpa di Nicola II se furono uccisi tanti innocenti sotto il suo regno, ma dei ministri, della polizia imperiale, dei loschi individui che facevano il doppio gioco e tanti altri.
Lo Zar, poverino, non sapeva nulla?
Ora la revisione della storia è sempre pericolosa: se lo Zar fu il cattivone per generazioni di russi, per 90 anni, oggi diventa un Santo.
Si vede che per la Russia attuale la storia è ferma a quasi un secolo fa, con desideri imperiali, di grande Russia, con il panslavismo (nazionalismo fanatico) ancora latente, che non fu mai totalmente soffocato, nemmeno durante il regima comunista.
La Russia ha una chiesa legata alla cultura, alla lingua e all'etnia slava e russa: tutta una letteratura, grande, stupenda, ha esaltato il popolo russo, la sua natura ingenua, la sua fede ortodossa.
Ora dalla terra di Lenin uscirà una nuova ondata di nazionalismo etnico, che difficilmente lascerà indenni i Paesi Occidentali?
La storia è sempre stata trattata come materia di propaganda: si può parlare di due generi di storia, la prima è quella degli studiosi, con i loro dubbi, i loro dibattiti, le loro controversie.
La storia invece da proporre alla stampa, specialmente alla base popolare, è scritta e modificata per un uso rivolto al presente: Cristoforo Colombo è diventato spagnolo, per gli storici spagnoli ufficiali, senza alcun “dubbio”.
Dopo averci sorpassato in economia, così dicono, ci hanno rubato il grande navigatore nazionale.
Non voglio entrare in polemiche con nessuno, ma questo è un vizio antico: i russi durante il regima stalinista credevano di aver scoperto tutto loro, che tutte le grandi invenzioni erano dei loro connazionali, o quasi.
La storia dei nazisti invece era ricostruita in modo da avere tutti i grandi del mondo di stirpe germanica, pure Dante, padre della lingua italiana, era un quasi tedesco, secondo queste forzature storiche.
Che si può fare?
La revisione storica colpisce tutto e tutti: ci dovremo sorprendere ancora e dovremo avere paura, perché quando la storia cambia, in versione nazionalista, ci sono scopi “strani” e inquietanti.
La riabilitazione di certi personaggi, di certi avvenimenti, può significare che qualcuno spinge verso “nuove avventure”.
Arduino Rossi

sabato 8 marzo 2008

La politica estera degli USA



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Quello che sta capitando oltre oceano ci dovrebbe interessare, non perché si può credere che ci sarà un presidente che porterà il grande Paese verso la Shari'ah , la legge islamica e la ..resa al terrorismo: la politica estera dei presidenti statunitensi non segue le opinioni personali, ma le linee guida già predisposte e spesso non mutano dai democratici ai repubblicani
Quello che cambia e conta moltissimo, nella campagna elettorale, è la politica interna, economica e verso i ceti più deboli o verso il ceto medio.
Chiunque salirà al potere non varierà molto le scelte della politica estera, o meglio le indirizzerà come converrà agli interessi generali degli Stati Uniti: non bisogna sperare molto in periodi di pace, in una nuova età dell'oro.
Un fatto è certo, Obama, Clinton, John McCain, probabile candidato dei repubblicani, hanno sempre la stessa anima e gli stessi privilegi internazionali da proteggere.
Il cambiamento della politica estera, che tanto ci interessa, dovrà avvenire perché Bush ha spinto verso scelte senza sbocco, con conflitti armati e scontri di interesse, che ci trascinano verso ...il disastro o quasi.
La lotta al terrorismo non è terminata, ma i diritti umani non sono al massimo, nelle carceri speciali statunitensi.
Non c'è solo una faccenda di maltrattamenti carcerari: non si capisce più quale sia il nemico e quali siano gli Stati canaglia che offrono ospitalità ai terroristi.
Tutte queste complicazioni hanno condotto l'Occidente in una crisi economica pesante, a confrontarsi con Russia e Cina, con rapporti diplomatici freddi, a minacciare un gravissimo intervento militare contro l'Iran, con conseguenze imprevedibili.
Arduino Rossi

mercoledì 20 febbraio 2008

Kosovo, Occidente, Russia, Cina e petrolio



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Pochi hanno voluto notare che il mondo è ancora diviso tra due blocchi, l'Occidente e l'Oriente: da una parte c'è l'Anato, dall'altro la Russia e la Cina.
I due grandi Paesi però non sono più comunisti anche se non sono proprio democratici: la Cina ha ancora i simboli del partito unico, ma è diventato una nazione dove il capitalismo selvaggio trionfa.
Il caro petrolio sta rendendo la Russia sempre più importante, possedendo le maggiori riserve di oro nero al mondo.
Ora il fronte anti occidentale passa dal Ciad al Sudan, dall'Afghanistan, all'Iran, dai conflitti nel Caucaso alla frattura nella diplomazia estera nella comunità europea.
E' proprio vero che la secessione del Kosovo non deve far paura?
Temo di no: in molti vorranno la loro indipendenza e dietro ci saranno molti interessi che spingeranno da una parte all'altra.
Di conflitti nel mondo non ce ne sono abbastanza e un nuovo Stato non potrà che favorire altri ..volenterosi.
Dimenticavo, ma il Kosovo è mussulmano in gran parte e ha l'appoggio dei Paesi arabi, ma la Cina e la Russia aiutano invece l'Iran e il Sudan: il conflitto quindi non è tra Islam e Occidente, ma tra interessi economici e petroliferi contro altri interessi contrapposti.
Arduino Rossi