lunedì 29 dicembre 2008

L'ultima battaglia di Bush è contro le scarpe.


Il giornalista iracheno Muntazer al-Zaidi ha scatenato un putiferio per il suo “attentato” alla testa dell'uscente presidente statunitense: in migliaia sono scesi in strada a Baghdad per chiederne la liberazione dopo l'arresto.
George W. Bush ha evitato prontamente, bisogna ammettere, le scarpe del cronista, che voleva colpirlo direttamente al capo.
L'attentato al “vertice mondiale” ha scatenato ironia, risate e tanta solidarietà con il giornalista responsabile dell'atto: i siti web e i blog arabi sono zeppi di commenti favorevoli.
Youtube è stato invaso da migliaia di video dell'azione del giovane cronista iracheno: in molti ne chiedono la liberazione.
Si è scomodato Khalil ad-Dulaymi, avvocato del presidente iracheno, impiccato da tiranno, Saddam Hussein.
Vuole organizzare 200 avvocati per la difesa gratuita di al-Zaidi, già proclamato "eroe nazionale": io mi immagino la imponente statua in una piazza di Bagdad, mentre il “valoroso” lancia gli scarponi contro l'oppressore straniero.
Gesti simbolici, inutili, in passato sono passati alla storia e sono stati tramandati per dar forza alla retorica nazionalista: il lancio della stampella, di un sasso, di tanti arnesi scarsamente utili ad offendere fa parte di quella retorica che affascina le menti semplici.
Noi occidentali, stanchi di gesti “gloriosi” e vani sorridiamo di tutto questo: invece in tanti hanno pensato che quelle scarpe Bush se le sia proprio meritate.
La sua politica in Iraq è stata contraddittoria: pure il perché di questa guerra pare lontano, inspiegabile.
Si cercavano le armi di distruzione di massa, ma alla fine si è spiegato il tutto con una guerra di liberazione e di esportazione della democrazia con i cannoni.
Ora in tanti si compiacciono della fine dell'era Bush, ma in pochi si rammentano che il presidente americano non sapeva neppure chi fossero i Talebani, prima dell'elezione del suo primo mandato: è facile vedere in una persona il simbolo del male e sperare di abbatterlo.
E' più difficile contrastare gli interessi economici, le condizioni culturali che favoriscono i conflitti: combattere i “guerrafondai” è semplice, basta riempirsi la bocca di parole grosse.
Ora il nemico, il presidente che ha favorito i conflitti se ne andrà in pensione.
Avremo pace?
Sicuramente no, le scarpe lanciate, le parolacce, gli insulti non impediscono che il terrorismi da una parte e dall'altra la risposta militare, disastrosa, tragica, cadano sui civili di un fronte e dell'altro.
Neppure la nuova politica di Obama porterà pace, pur aprendo la strada a un eventuale isolazionismo, pur parziale, della superpotenza: si cercherà l'auto sufficienza per il fabbisogno energetico e così gli stati Uniti avranno minori interessi da difendere all'estero.
E' giusto liberare il giornalista screanzato, facendogli pagare solo un'ammenda: non rendiamolo un martire.
Troppi terroristi, o filo terroristi sono diventati eroi per gli arabi, ma pure per una parte dell'opinione pubblica occidentale: c'è uno spirito nichilista che dilaga ancora nelle nostre periferie.
E' sempre più una cultura marginale, ma è tuttora violenta, un po' infantile, spesso esaltata, acritica, ma continua a imperversare, a cercare presunte vittime della repressione da compatire, nel cercare amicizie impossibili ad Oriente, lontanissimo, agli antipodi proprio dei loro valori.
Ridiamo per le scarpe in faccia a Bush, ma per fortuna il giornalista iracheno non aveva una buona mira: sarebbe stato troppo trasformare Bush in un eroe, per due scarpacce lanciate contro la testa.
Sì, sarebbe diventato una vittima del terrorismo, con armi “improprie”.
Arduino Rossi