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mercoledì 14 maggio 2008

La fatica di fare la mamma in Italia è grande.



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Le donne italiane sono ancora lontane dal livello di istruzione delle donne svedesi, con i 17 anni di studio in media, ma le italiane sono soprattutto lontane per gli aiuti all'infanzia, come asili nido, scuole materne, scuole con orari pomeridiani.
La distanza sta ancora di più per la partecipazione dei papà alle cure dei figli, specialmente se piccoli: da noi un padre che bada ai bambini è quasi un pioniere.
Un uomo che sceglie il part-time o l'aspettativa per la prole è visto, o si considera lui stesso così, come un "mammo", ovvero un perdente, un debole, un'affemminato, uno .....sfortunato (non uso mai le parolacce, specialmente quando scrivo).
Sì, fare la mamma da noi è qualcosa di eroico: è sempre più un atto coraggioso, anche perché i tempi sono complessi e le condizioni sono meno a misura di bambino.
Non ci sono più i cortili dove far giocare i ragazzini in sicurezza, né parchi senza spacciatori, senza pedofili, o presunti tali, che avvicinano ai monelli solitari con intenti morbosi, o così pare dalle cronache giornalistiche di questi ultimi anni.
Le donne che si dedicano a questa nobile, quanto sempre più faticosa "professione" di mamma, sono sempre più meritevoli di stima: rinunciano alle carriere lavorative per il mestiere di madre.
E' sempre più difficile seguire i figlioli, a cui non si fa mancar nulla, dalla piscina al pianoforte, dal dentista migliore, da pagare con cambiali, alle vacanze studio in Inghilterra.