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lunedì 17 marzo 2008

La solitudine e la depressione



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Oggi ognuno va per la sua strada e non c'è più bisogno di socializzare: siamo tutti spinti a guadagnare sempre di più, a lottare, pure giustamente, per qualche briciola di benessere, a dire il vero sempre più rare.
Non ci accorgiamo dei drammi delle perone che ci stanno accanto: può essere il vicino, ma pure un nostro parente, un convivente.
La depressione è figlia di questa società che premia sempre più i cosiddetti vincenti, quelli che possono mostrare il loro trionfi sociali, con status symbol.
Mi dispiace essere un po' banale, ma oggi la dimensione umana è ridotta al lumicino: gli sconfitti li vediamo per strada e ci danno fastidio.
Sono i barboni, gli emarginati: per loro si prova solo disprezzo e fastidio.
E' vero che spesso sono importuni, invadenti, qualche volta pericolosi, ma sono esseri umani caduti agli stadi più bassi del vivere, sotto le nostre finestre, dietro il nostro uscio di casa.
Poi ci sono i colleghi un po' musoni, sempre silenziosi, spesso scontrosi, magari derisi: in molti li criticano e li lasciano nel loro angolo, qualcuno li deride.
In certi casi si sente dire: "Quello è matto, fa uso di psicofarmaci!"
Si ammicca, si sorride e lo si lascia ancora più solo: non si sa mai, potrebbe essere pericoloso.
Si socializza sempre di meno e si frequentano solo gli amici giusti, ben selezionati, del ceto adeguato e con gli interessi a noi graditi: tutto il resto è feccia, specialmente se è un perdente, uno che cede alle crisi di nervi.
Arduino Rossi