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mercoledì 12 novembre 2008

HO PEDALATO FINO ALLE STELLE


Paolo Aresi
HO PEDALATO FINO ALLE STELLE
Mursia Editore
Pagine 201
Euro 14,00
Edizione 2008
Paolo Aresi scrive per passione da tanti anni: è giornalista professionista del quotidiano “L'Eco di Bergamo”.
E' uno scrittore di fantascienza e attento autore di opere legata all'epopea spaziale, al desiderio di conquista di una nuova frontiera tra gli astri, con diverse pubblicazioni con le case Editrici Nord e Mondadori.
In questo romanzo invece il suo interesse si è rivolto verso una ricerca interiore del passato, visto attraverso gli occhi di una donna di 49 anni: è Marcella, madre, moglie e professoressa, che decide di farsi una “bella pedalata” con la sua azzurra bicicletta Bianchi.
Marcella non ha in mente una fuga, ma mano mano che pedala il suo pensiero la spinge verso la libertà: “Quando i figli sono grandi e possono camminare con le loro gambe, allora hai pagato il riscatto e diventi un liberto, schiavo liberato...”
Marcella quindi, senza sapere esattamente cosa cerca si allontana per una vacanza dalla famiglia e dagli obblighi: rimpianti e ricordi, speranze mai realizzate e personaggi del passato si ritrovano lungo la sua strada.
Sono amici, fatti antichi, eventi che si incrociato con il presente, ma sono pure esperienze personali e tanti avvenimenti di un Italia sia attuale, sia coperta dalla polvere del tempo.
Cosa cerca Marcella, con il suo lungo e coraggioso “giro d'Italia”, che la porta dalla Toscana sino alle falde del Vesuvio?
Incontra persone che parlano della guerra, dei tedeschi, dei bombardamenti, dei partigiani, poi cerca amici e amiche, tra i suoi pensieri e nella realtà: bussa, suona campanelli, rintraccia un passato felice e speranzoso, ma sempre faticoso, come una salita in bicicletta.
Ci sono incontri nei pensieri e lungo la strada della ciclista in fuga: sono personaggi incontrati per caso, con le loro storie, anche dolorose.
Ci sono i nonni e gli zii, ma pure le amicizie del passato.
Marcella si rammenta di una fuga di una sua amica, Francesca, una ribelle impegnata nel collettivo studentesco, allora adolescente e compagna di scuola.
Pure la nostra futura madre e moglie modello cercò di imitare l'amica “scapestrata”. Marcella, ragazza senza grilli nella testa, raggiunse la stazione con i soldi sottratti alla famiglia, ma ebbe un ripensamento: faceva freddo e il suo itinerario era la Germania, ancora più fredda della sua città, andò regolarmente a scuola, ma la fuga fu rinviata.
C'è tutta un'Umanità variegata in questi incontri ed aprono a dilemmi antichi: “Ma chi era il giudice di gara? Esisteva un matrimonio felice sul pianeta terra?”
La sua ricerca la porta a rimpiangere scelte libere mai fatte: “Quattordici anni. Quelli erano gli anni, aveva ragione Francesca: dopo i venti era tutto finito, diventavi maggiorenne e ormai eri vecchia......”
Questa lunga evasione la riporta verso la via del ritorno a casa, a Nord.
Il finale non è drammatico, né risolutivo, come spesso capita nella vita reale: “Avrebbe lucidato la sua celeste Bianchi. Avrebbe pensato a Michele. Avrebbe ricordato Simone........Avrebbe preso una casa nella sua città del Nord, sulla porta della sua estate.”
Marcella quindi non dà e non vuole dare risposte esistenziali, religiose, filosofiche o scettiche sul senso dell'esistenza: sceglie di vivere, di pedalare, cercando il suo futuro e il suo passato, percependo ciò che sta attorno a lei, ma mai si arrende, perché la vita è piacevole, con le sue stagioni, pare dire l'autore e merita di essere vissuta con coraggio, anche quando si suda in sella a una bicicletta.
Il romanzo è una prova di abilità di Paolo Aresi: sa ben coniugare ricordi ed emozioni, paure e descrizioni di personaggi in questa lunga pedalata.
Attira l'attenzione del lettore con molte curiosità, fatti, piccoli avvenimenti, con descrizioni precise di personaggi e di situazioni: ci sono estati felici, calde con giochi e spensieratezza, inverni al Nord, freddi, ma zeppi di desideri.
La vita che scorre quindi ha un senso?
Pare proprio di sì, ma tutto è celato, forse è un po' misterioso: “I fantasmi camminano dentro di noi, sono instancabili, percorrono le strade di polvere della nostra mente.”
Arduino Rossi

mercoledì 16 luglio 2008

DANIEL PENNAC -Diario di scuola


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DANIEL PENNA
Diario di scuola
FELTRINELLI
Pagine 241
EURO 16
Questo è un romanzo parzialmente autobiografico, ma pure simile a un saggio pedagogico: ha lo scopo dichiarato dall'autore, per fini umani e didattici, di "....riassicurare i bambini che si credono stupidi, perché gliel'anno fatto credere."
Daniel Pennac vede il mondo della scuola dal punto di vista degli "asini", dalla loro angolazione: questa non è una novità, ma oggi in più c'è la questione dell'incontro e talvolta scontro etnico, che proprio nella scuola si fa duro.
Pennac fu un cattivo studente e in questo libro parla della paura dei ragazzi con scarsa volontà e bassa resa, del terrore che li attanaglia quando si trovano d'avanti agli insegnanti, della loro sconfitta, che può diventare definitiva nella vita, pure da adulto.
L'autore, ex cattivo alunno, un po' "tardo", invece dà una sua analisi e una sua quasi risposta originale, senza eccessive pretese da educatore.
Il testo può entusiasmare o annoiare: lo scrittore non segue mai un ordine prestabilito, infatti qui si trovano aneddoti, racconti, brevi argomentazioni pedagogiche, ma pure ironia.
Non è neppure un'atto di accusa contro la scuola: forse si può definire uno sfogo,
una ricerca.
Pure gli schemi proposti sono insoliti: lui sostiene che il collegio gli fu utile.
Non deve ringraziare per la sua riuscita personale l'insegnamento aperto, fantasioso, dei metodi didattici più recenti.
Soprattutto dipinge i buoni insegnanti: sono quelli che si sanno calare nella realtà, coinvolgendosi e mettendosi continuamente in discussione, cercando di capire, andando oltre i pregiudizi.
Daniel Pennac è uno scrittore di gialli, di teatro, ma in questa occasione ha voluto presentare la sua avventura sia di ex alunno dell'ultimo banco, oltre la sua esperienza di insegnante di scolari con problemi.
E' uno scrittore che fa discutere.
L'importante non sta nel dare ragione o torto a Pennac, ma sta nel tenere aperto il dibattito per i perdenti, i pessimi scolari: saranno degli adulti che porteranno le cicatrici di una vita scolastica zeppa di insuccessi.
Forse è proprio la sua teoria dei cinque generi di bambini di oggi che lascia un po'
perplessi: esistono i bambini soldato, i bambini produttori, i bambini prostituti
e i bambini morenti per fame, ben visibili sui cartelloni della pubblicità, ma
soprattutto il bambini clienti o consumatori.
Si sa che questo è vero, ma non è sufficiente a spiegare ciò che capita attorno
a noi, anzi, si rischia di cadere in vecchie analisi politicizzate e sociologiche: la realtà non può essere schematizzata con immagini così forti, ma pure semplificate.
Il mondo della scuola è ben più sfaccettato e diversificato.
Comunque il nostro insegnante scrittore sostiene di non voler lanciare nessun
messaggio con il suo romanzo, ma proprio la sua esistenza dovrebbe far riflettere: il fannullone è diventato un'autore di successo.
E' un'eccezione?
Basta ricordare il precedente caso di un alunno svogliato e dallo scarso profitto scolastico nelle elementari, di nome Albert Eistein.


Arduino Rossi